Alla corte di Napoli prima e a Roma poi, Angelo viene a contatto con i più raffinati circoli umanistici. Dopo aver frequentato a Roma l'Accademia di Pomponio Leto, alla morte di questi ne diviene l'erede materiale, oltre che spirituale.
A Roma Colocci trascorre lunga parte della sua esistenza rivestendo prestigiosi incarichi politici alla corte pontificia. Non manca di prodigarsi, tuttavia in favore della sua città natale dove torna in varie occasioni dedicandosi nel 1506, anche ad "ammendare molto il libro delle statutarie leggi di Jesi".
Uomo dalla vasta dottrina e dai molteplici interessi, di cui la ricca e fornita biblioteca ne è testimonianza, ama circondarsi di letterati famosi e di giovani studiosi.
La sua villa romana conosciuta con il nome di "Hortulus ad aquam virginem", diviene sede dell'Accademia Coloziana a cui aderiscono i più illustri ingegni del tempo. L'amore per le lettere e per l'arte fecero di lui uno dei più grandi collezionisti della Roma cinquecentesca; famose sono le raccolte di codici antichi e di statue romane che adornavano la sua villa.
Nel 1549 muore a Roma lasciando oltre che un patrimonio di libri e carte conservati per la maggior parte nella biblioteca vaticana, una fama durata senza interruzione nei quattro secoli trascorsi dopo la sua morte.