L'approssimarsi del primo centenario del rinvenimento del corpo del santo produce alcuni episodi celebrativi entro cui è possibile inserire la commissione della Pala d'altare della Confraternita del Buon Gesù. I confratelli si avviano per tempo e già nel 1508 hanno individuato in Luca Signorelli l'artista di prestigio a cui affidare l'opera. Il pittore aveva appena consegnato il grande Polittico di San Medardo ad Arcevia che agisce sull'ambiente locale come un sasso tirato nello stagno. Logico dunque affidare a lui anche l'opera jesina che si voleva splendida e grandiosa.
Il contratto venne stipulato a Jesi il 26 giugno 1508 nella stessa cappella del Buon Gesù della chiesa di San Floriano dove avrebbe dovuto figurare l'opera. Nonostante le buone intenzioni dei contraenti, una clausola del dispositivo risulta fatale al compimento dell'opera. I committenti infatti vincolano Luca Signorelli a dipingere la grande Pala a Jesi, offrendo in cambio ospitalità per lui e i suoi aiutanti. La richiesta dei confratelli non era insolita ed andava nella direzione di assicurarsi che fosse effettivamente il maestro a dipingere l'opera, garantendosi la certezza testimoniale del lavoro. Ma fu probabilmente proprio questa clausola del contratto ad impedire al Signorelli di onorare l'impegno preso e a rinunciare al lavoro jesino, mentre riesce a rispettare le commissioni arceviesi.
La pubblicazione da parte dell'Anselmi (1892) del contratto relativo al Battesimo di Cristo è illuminante a questo proposito.
L'impegno è stipulato il 5 giugno 1508, dunque 21 giorni prima di quello jesino. Ma a differenza dei confratelli del Buon Gesù, a Roccacontrada (Arcevia) si accontentano di garantirsi l'autografia solo per le tre figure principali, lasciando realisticamente agli allievi il compito di terminare il dipinto nelle sue parti marginali.
Il fallimento della transazione con Luca Signorelli provoca una cocente delusione nei committenti jesini che aspettano ancora tre anni prima di individuare l'artista giusto per la loro opera. Chi abbia per primo proposto il nome di Lorenzo Lotto è naturalmente difficile da definire. Si può procedere per via deduttiva interrogando alcune tracce che pure a ben guardare si possono intravedere.
Su base documentaria sappiamo che Lorenzo Lotto agli inizi del 1509 è sicuramente a Roma impegnato nel lavoro di rinnovamento degli appartamenti del Papa in Vaticano. All'opera concorrono in un primo momento numerosi artisti italiani e stranieri fintanto che con decisione improvvisa, nel 1509, tutti i contratti vengono annullati ed il lavoro affidato alla responsabilità diretta del solo Raffaello.
Tra gli artisti "licenziati" c'è Lorenzo Lotto come dimostrato da D. Frapicciniche segnala l'annullamento del valore dispositivo del contratto registrato sul retro dell'ultimo pagamento ricevuto dal Lotto il 18 settembre 1509.
Lo studioso mette in relazione la rescissione del contratto con la morte del Segretario Apostolico e tesoriere della Santa Sede Enrico Bruni amico del vescovo De Cuppis ritenuto protettore del Lotto a Recanati. Peraltro, risulta che a ricoprire una stessa carica di Segretario Apostolico era già stato chiamato nel 1510 l'umanista jesino Angelo Colocci che ha dunque modo di conoscere il Lotto e di apprezzarne le qualità.
Il tramite dunque tra la Confraternita del Buon Gesù di Jesi e Lorenzo Lotto può verosimilmente essere passato attraverso Angelo Colocci, con la mediazione, forse, dello stesso Signorelli.